Giunti alla fine della Autumn Nations Cup è il momento di tirare le conclusioni. Le squadre coinvolte hanno affrontato questa competizione insolita con obiettivi diversi: qualcuna è riuscita a raggiungerli, altre hanno avuto molte più difficoltà.
8° Posto – Georgia
I Lelos erano forse la squadra che aspettava questo momento con maggior trepidazione, data la possibilità di confrontarsi con le nazionali più blasonate per valutare il proprio livello e provare a insidiare lo status quo del vecchio continente.
Missione riuscita? Probabilmente no.
Due partite con zero punti segnati, giocate oltretutto in condizioni meteo pessime che, forse, avrebbero dovuto dare una mano al gioco più chiuso e ruvido a cui sono abituati i georgiani. Alcune buone cose viste contro un’Irlanda rimaneggiata e distratta per poi cadere sotto le 6 mete delle Fiji, surclassate dallo strapotere fisico, atletico e tecnico degli isolani.
La mancanza di qualità tecnica, specialmente nei tre-quarti, era risaputa benché, qua e là, qualche buon guizzo si sia visto, ma la cosa che stupisce è una mischia chiusa non più così dominante che ridimensiona le capacità dei Lelos contro le Tier 1.
Si salva qualcosa? Sicuramente l’attitudine e la voglia di lottare.
In ben due partite sono riusciti a non concedere il punto di bonus offensivo agli avversari (cosa per noi italiani ormai diventata un miraggio), lasciando a tutti la sensazione di una squadra sempre disposta al sacrificio e mai doma, nonostante le difficoltà.
7° Posto – Fiji
I contagi da Covid-19 all’interno della selezione isolana ci hanno privato fino all’ultimo della squadra più attesa e sicuramente più divertente dell’intera competizione. Per i ragazzi di Vern Cotter, un’occasione importante per confermare la propria posizione di Tier 1.
Nell’unica partita giocata è emerso l’enorme potenziale di questa squadra, dove le abilità atletiche assolutamente fuori dal comune iniziano a fondersi con un gioco più strutturato e organizzato. Il lavoro svolto negli ultimi anni sulle fasi statiche – specialmente per quanto riguarda la mischia chiusa – inizia a dare i suoi frutti, mentre nel gioco allargato i giocatori potenzialmente immarcabili – Radrada, Tuisova, Nadolo- fanno il resto.
Un’occasione persa per vedere del rugby divertente, ma grande e fondata consapevolezza di essere sulla buona strada.
6° Posto – Italia
Ultima tra quelle del Sei Nazioni. Prevedibile. Sesto posto dovuto alla vittoria a tavolino contro le Fiji che ci evita lo scontro diretto complicato e per nulla scontato contro i georgiani, a cui per ora siamo superiori.
Come ne esce la squadra di Franco Smith da queste 3 partite? A nostro avviso non bene.
Il tabellino recita 14 mete subite e solo 4 segnate, 3 punti di bonus offensivi, 0 punti guadagnati. Guardando con occhio matematico il risultato è sicuramente negativo.
In campo non è andata meglio. L’esordio di Varney e Garbisi, giovani di gran talento, è sicuramente positivo, ma il fatto che dei giovani con pochissima esperienza tra i professionisti siano stati tra i migliori della competizione e sembrino già dei titolari inamovibili porta a farci qualche domanda sul livello e sulla qualità degli altri giocatori in rosa. Gli altri giovani Fischetti, Cannone, Zanon hanno fatto vedere belle cose, altri come Trulla e Mori, invece, devono ancora crescere per il livello internazionale.
Il gioco non ha mostrato granchè di positivo. Le fasi di conquista sono state altalenanti e il gioco generale, in cui si fa un’estrema fatica a guadagnare la linea del vantaggio, risulta poco efficace e ci espone troppo facilmente a turnover.
La difesa, con quasi 5 mete subite a partita, non può che essere bocciata.
Tre partite che confermano una cosa: ci aspettano tempi duri.
5° Posto – Galles
Prestazioni abbastanza deludenti per la squadra di Wayne Pivac, impegnato nel difficile e faticoso compito di succedere al grande Warren Gatland. Lo stile dell’ex allenatore degli Scarlets, basato su un gioco meno strutturato e più votato alla velocità e alla lettura delle situazioni da parte dei propri giocatori sta faticando a carburare ma, soprattutto, preoccupano le difficoltà in difesa, punto di forza dei dragoni in passato, dove si vedono gli effetti dell’addio di Shaun Edwards.
Contro l’Irlanda è arrivata una sconfitta abbastanza sonora, mentre la vittoria contro la Georgia è figlia di una prestazione non sufficiente. Qualcosa di buono si è visto contro l’Inghilterra, dove la rivalità storica riesce a spingere i dragoni a dare qualcosa in più, e contro l’Italia si sono iniziate a vedere alcune soluzioni interessanti, ma non ancora abbastanza per placare gli animi dei tifosi gallesi.
Tutto da buttare quindi? Assolutamente no. Tanti i giovani schierati, tra i quali spiccano Rees-Zammit, Botham e Sheedy, che dimostrano una buona capacità di produzione di giocatori di livello oltre a diverse conferme tra i senatori Halfpenny, Tipuric, Faletau.
Momento sicuramente difficile, ma le basi per una crescita futura ci sono.
4° Posto – Scozia
Difficile decifrare il torneo della Scozia, iniziato con due buone partite contro Italia e Francia nonostante la sconfitta, e terminato con una sconfitta, peraltro abbastanza netta, contro l’Irlanda.
La squadra di capitan Hogg dimostra di avere un ottimo potenziale, che però non riesce a esprimere completamente, arrivando sempre corta al momento decisivo.
L’assenza di Russell ha privato Townsend del suo miglior giocatore e del perno dell’attacco che, specialmente contro l’Irlanda, non è riuscito a trovare soluzioni interessanti.
In generale una sufficienza per gli scozzesi che, però, non riescono a convincere appieno.
3° Posto – Irlanda
Dalle parti di Dublino l’atmosfera non è serena. La mancanza di risultati all’altezza del triennio 2015-2018 sta portando tifosi e giornalisti a mettere grande pressione su Farrell e giocatori. Pressione forse immeritata.
La squadra irlandese ha dimostrato una buona solidità in quasi tutti gli aspetti del gioco ma, allo stesso tempo, è emersa la difficoltà di giocare al pari delle migliori della classe, Inghilterra su tutte.
I nuovi innesti in rosa hanno dato risposte differenti. Bene Keenan e Connors, molto bene Doris, ormai quasi titolare inamovibile. Male invece gli equiparati Gibson-Park e Lowe. Tanti dubbi per quanto riguarda la mediana, dove dietro alla coppia Murray-Sexton le gerarchie non sono bene definite.
Nel gioco la squadra di Farrell sembra faticare in attacco contro le squadre più fisiche, mentre riesce a gestire con facilità formazioni più malleabili come la Scozia.
Periodo di transizione dopo l’era Schimdt non facile, anche perché le aspettative sono molto alte, ma le prospettive per un ritorno ai massimi livelli ci sono, anche se qualche dubbio sembra esserci.
2° Posto – Francia
Sicuramente la squadra che esce meglio da questa competizione. L’accordo tra Federazione e club sul numero massimo di partite che un singolo giocatore poteva giocare in questa finestra internazionale ha obbligato coach Galthié a selezionare un gran numero di giocatori per le ultime partite del 6 Nazioni e la Autumn Nations Cup. Più di 40 i giocatori utilizzati in queste partite, molti dei quali giovanissimi e tanti debuttanti.
Se le prime scelte hanno già ampiamente dimostrato la loro qualità e il loro livello elevato sia come singoli sia come gruppo, sarebbe stato lecito nutrire dei dubbi sulla qualità di terze e quarte scelte. Dubbi prontamente fugati dalla facile vittoria con l’Italia e da una prestazione eccellente in finale contro l’Inghilterra, dove giocatori ai primi passi sul palcoscenico internazionale hanno mostrato grande fame e voglia di mettersi in mostra.
Quello che stupisce è come, in poco tempo, anche il gruppo selezionato per le ultime due partite abbia creato un’ottima amalgama di squadra, soprattutto difensivamente, segno dell’ottimo lavoro del coaching staff.
Questo mese di test ha confermato come la Francia sia tornata al livello che le spetta dopo anni difficili e come ci siano ancora ampi margini di miglioramento per un gruppo molto giovane.
Generali preoccupazioni riguardo il futuro? Per gli altri, sicuramente.
1° Posto – Inghilterra
La favorita conferma i pronostici di inizio torneo.
La squadra di Eddie Jones dimostra ancora una volta di essere solida, concreta, senza grossi punti deboli. In queste partite il piano di gioco è stato semplice, tanta fisicità, difesa asfissiante e tanto gioco al piede per tenere gli avversari nella propria zona difensiva e sfruttarne gli errori. Piano semplice ed efficace, probabilmente utilizzato per non scoprire troppo presto le carte in una competizione che ha poco blasone.
Il gruppo utilizzato è sostanzialmente quello della Coppa del Mondo con qualche inserimento interessante: Earl, Hill e Stuart si confermano giocatori di grande impatto dalla panchina mentre i vari Willis, Lawrence e Mallins, con qualche cameo, hanno assaggiato il rugby internazionale.
Unica nota negativa, la finale. Contro una Francia, come detto, molto rimaneggiata sarebbe stato lecito attendersi una vittoria più netta, e non dopo due supplementari. Al di là della giornata no dalla piazzola di capitan Farrell, l’Inghilterra è apparsa meno precisa ed efficace del solito, subendo la grinta e la voglia di fare dei francesi. A voler essere negativi, l’approccio è parso essere molto simile a quello della finale del mondiale, un po’ spento, distratto.
Aspetto preoccupante per il coach Eddie Jones, che però avrà modo di lavorarci.